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               Ultimo aggiornamento: venerdì 12 giugno 2015 

        

 

 

 

 

 

 

 

1.    RISCHIOSITA'

I rischi che possono causare catastrofi sono di origine naturale (rischi sismici, idrogeologici, vulcanici, meteorologici, biologici) e di origine industriale (rischi da inquinamento chimico e radiologico). Gli incendi boschivi sono di origine naturale ma, per la maggior parte, sono innescati dall’uomo.

L’Italia, purtroppo, ha una cronaca antica e recente di calamità naturali e, nell’ultimo secolo, di eventi calamitosi “indotti”. Le cause di tali rischiosità derivano dalle seguenti situazioni:

 

a. RISCHIO SISMICO (Terremoti, maremoti) deriva dalla posizione del territorio italiano rispetto alle placche e zolle in cui è divisa la crosta terrestre le quali, galleggiando sulla materia fluida sottostante, hanno movimenti spesso contrastanti. Gran parte della nostra penisola è solidale con la placca africana, con esclusione delle regioni nord-ovest e della Sardegna che fanno parte della placca euro-asiatica. Per effetto del moto della placca africana in direzione di nord-est e di quella euro-asiatica in direzione sud-ovest, il nostro territorio presenta due linee di debolezza crostale, una verso il mare Adriatico in corrispondenza dei orli di contrasto delle due placche citate - linea di terremoti - che va dal Friuli alla Sicilia Occidentale, l’altra verso il mare Tirreno, in corrispondenza dei bordi in allontanamento dalle suddette placche - linea dei vulcani - che va dalla Toscana all’Etna;

 

b. RISCHIO IDROGEOLOGICO (alluvioni, frane e valanghe) deriva dalla conformazione geomorfologica di una regione relativamente giovane (pochi milioni di anni) fortemente accidentata, a cui si associa il clima della zona temperata settentrionale caratterizzato da intense precipitazioni piovose e nevose concentrate in alcuni mesi autunno-invernali. Questo rischio tende inoltre a crescere a causa delle variazioni climatiche in corso;

 

c.  RISCHIO INCENDI BOSCHIVI: le cause devono essere fatte risalire ai lunghi periodi di siccità estiva ed invernale combinati con l’aumentata frequentazione delle aree boschive e le scarse misure di prevenzione a cui si associano atti colposi e veri e propri reati;

 

d.  RISCHI CHIMICO-INDUSTRIALI: le cause derivano dal rapido sviluppo industriale del Paese e dalla mancata o non completa applicazione delle leggi riguardanti la sicurezza di installazione e di funzionamento degli impianti e di movimentazione di materiale a rischio, lo smaltimento dei rifiuti e l’incontrollato uso del suolo.

 

2.  VULNERABILITA'

 

La Vulnerabilità di un territorio antropizzato è la soggezione delle componenti di quel territorio (Infrastrutture, persone, patrimonio, organismi socioeconomici, ambiente) allo stressore con cui si manifestano i rischi calamitogeni che vi incombono.

La Vulnerabilità si distingue in:

-  fisica, da riferire al territorio;

-  strutturale, da riferire alle infrastrutture;

-  socio-sistemica, da riferire agli organismi socio-economici;

-  tipologica, da riferire alle persone.

Una delle formule di facile accezione per indicare la Vulnerabilità è la seguente:

Vulnerabilità =

Densità antropica + uso del territorio – prevenzione

 

3.   DANNO

Il Danno è una alterazione significativa ed irreversibile della vita ordinaria e del normale funzionamento della comunità. Va riferito alle persone, alle infrastrutture, al patrimonio, alle attività socio-economiche ed all’ambiente.

Il Danno è funzione del Rischio e della Vulnerabilità ai quali è legato dalla seguente relazione:

Danno (atteso) = Rischio x Vulnerabilità

Si classifica in:

-          Danno atteso,  calcolato a priori sulla base dell’entità dello stressore calamitogeno e della vulnerabilità delle componenti del sistema antropico;

-          Danno reale, quello che si verifica a calamità avvenuta.

 

 

 

 

            

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